martedì 18 maggio 2010
Privacy su Facebook? No grazie.
Mark Zuckerberg, il papà di Facebook, sembra ancora un ragazzino, con quell’aria da ‘nerd’ al quale da un giorno all’altro la fortuna ha deciso di sorridere. Non si direbbe, eppure Mark è oggi uno degli imprenditori più quotati al mondo, di sicuro il più giovane miliardario per proprio merito, quasi più influente di Sergej Brin e di Larry Page, anima e cuore di Google.
Certo, il ragazzo è giovane e ama provocare. Nel gennaio scorso, Zuckerberg ha rilasciato una dichiarazione che ha fatto parecchio discutere. Interrogato in merito alle polemiche sul tema della privacy di Facebook, Mark ha risposto che secondo lui il problema non esiste, in fondo della Privacy non importa più niente a nessuno.
Ovviamente la dichiarazione ha sollevato una mareggiata di critiche e ha irritato ulteriormente i detrattori del social network più importante del mondo. Un gruppo di dissidenti capeggiati da personaggi di punta dell’Hi-Tech Usa come Leo Laporte e Peter Rojas hanno già ‘ucciso’ il loro profilo. Altri progettano un suicidio virtuale di massa (Quit Facebook day) con tanto di sito e data: 31 maggio 2010. Il Senato Usa e la Commissione Europea hanno ordinato accertamenti sulla policy di protezione e diffusione dei dati personali del sito.
Intanto, si profila all’orizzonte la nascita di un sito concorrente chiamato Diaspora (con chiare intenzioni profetiche), che punta ad accogliere i dissidenti di Facebook offrendo loro la prospettiva di una migliore protezione dei dati personali. Diaspora nasce da quattro studenti di informatica di New York, che hanno progettato il nuovo social network sul modello dei siti Peer-to-Peer, senza l’appoggio di un server centrale come fa Facebook. Con Diaspora ciascun computer funge da server, in modo da consentire all’utente il controllo dei propri dati. Per capirci, con Diaspora non sarebbe neppure immaginabile la cessione di dati personali all’esterno del network che ha compiuto Facebook di recente a favore dei suoi partner commerciali.
Insomma, il tema è scottante e complesso. Un giornalista del New York Times ha rilevato che il testo sulla privacy di Facebook contiene più parole (45.000) della costituzione degli Stati Uniti. E, come sappiamo bene noi italiani, più complessa è la legge, più libera è l’interpretazione.
Eppure, nonostante la marea di critiche, Mark Zuckerberg potrebbe non avere tutti i torti. Le ultime polemiche in materia di Privacy non hanno scalfito di una virgola il fascino della comunità. Il numero di iscritti è in crescita vertiginosa e quello di abbandoni è nella norma. La forza di gravità del pianeta Facebook è ancora potente. Dal 21 aprile (giorno del lancio delle applicazioni più discusse) si sono registrati dieci milioni di nuovi iscritti. Il totale ha superato di gran lunga i quattrocento milioni.
Pare proprio che la sicurezza dei dati personali preoccupi gli utenti molto meno della possibilità di ottenere ‘amicizia’ e visibilità nel grande Network. Avere centinaia o migliaia di ‘amici’ è di per sé una minaccia alla Privacy, eppure è anche il traguardo più ambito. Parte degli utenti di FB posta foto proprie e altrui con intenti volutamente esibizionisti. L’ultima in ordine di tempo è la pagina di una studentessa americana, Jennifer McCreight. Ha raccolto migliaia di foto ‘sconvenienti’ di donne per irridere la condanna dell’ayatollah iraniano Karem Sedighi che attribuisce alle donne poco vestite la responsabilità di adulteri, catastrofi e perfino terremoti.
Certo, su Facebook non mancano le brutte sorprese. Un insegnante o un dirigente d’azienda può trovarsi improvvisamente sbeffeggiato da una foto che lo ritrae ubriaco all’età di sedici anni. O peggio.
Eppure anche a queste eventualità si comincia a fare l’abitudine. Mark Zuckerberg l’ha intuito. Il fascino segreto del suo Network sta nel permettere alla gente di mettere in mostra i propri lati nascosti, nobili e meno nobili. Una sorta di berlina virtuale dove ognuno è l’Avatar di se stesso. Per essere ancora più prosaici, è come stare tutti i giorni in un sito di gossip, nella parte ambita del VIP da spiare. Piaccia o no, è così.
Qualche tempo fa Mark Zuckerberg ha reso ‘distrattamente’ accessibili sul suo profilo FB alcune foto in cui appariva in situazioni molto private e molto ‘ridicole’. In una foto era in preda ai fumi dell’alcol, in un’altra teneva in mano il suo orsacchiotto. Quando si dice la coerenza.
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