martedì 11 maggio 2010

Yoani

Un giorno Yoani Sanchez ha deciso di tornare a Cuba.
Non ha mai spiegato chiaramente perché l’ha fatto. Ha preso un aereo ed è sbarcata all’Avana. Yoani era fuggita nel 2002, aveva trovato rifugio nella Svizzera Tedesca, dove si era stabilita con suo marito e suo figlio. Aveva diritto a restare solo due settimane a Cuba, per una visita familiare. Quelli come lei il regime di Castro non li perdona. Espulsione a vita.
Yoani aveva già il biglietto di ritorno per l'Europa. Quel giorno, però, Yoani ha deciso di restare nella sua isola. Prima di passare i controlli, ha fatto l’unica cosa che poteva fare. Ha tirato fuori il suo passaporto e l’ha strappato in mille pezzi. Senza documenti non sarebbe più potuta partire.

Yoani Sanchez ha trentacinque anni. È magra, molto magra. Nell’ultima foto che ha pubblicato sul suo blog la si vede accanto ad altri giornalisti europei. È pallida, fin troppo esile.
Yoani ha un figlio di nome Teo. Il suo compagno fa il giornalista ed è un dissidente come lei. Vivono come due clandestini in patria. Non si sa come riescano a guadagnarsi da vivere, in un paese in cui anche l’acqua e l’aria sono concesse con il benestare del governo della Rivoluzione.

Yoani però scrive, quasi tutti i giorni compone degli articoli brevi che pubblica sul suo Blog: Generaciòn Y. O meglio, Yoani li trasmette per email ad alcuni amici tedeschi che gestiscono il Blog per lei. Generaciòn Y infatti è illegale. Dagli alberghi di Cuba, nemmeno in quelli che ospitano i ricchi occidentali, non c’è verso di connettersi al blog. Censurato.

Yoani è magra, filiforme, ma i fratelli Castro e i loro colonnelli ne hanno paura.
Sarà forse per i lettori del Blog, che sono milioni in tutto il mondo, o per i riconoscimenti che le sono stati assegnati. Generaciòn Y è tradotto in 17 lingue. Ogni giorno i siti dei più importanti giornali del mondo riportano i suoi pezzi. Il suo blog è tra i più premiati del pianeta, o della blogosfera, come la definiscono gli addetti ai lavori.
Per conto suo, Yoani ha vinto numerosi premi, tra cui il prestigioso Ortega Y Gasset. Nel 2008 il Times l’ha inclusa tra le 100 persone più influenti del mondo.

Lo stile di Yoani è lucido, equilibrato, pacato e mai violento. Yoani sa scrivere, è laureata in filologia, la passione l’ha sempre avuta. Ha scelto di raccontare il suo paese e ciò la rende sospetta.
Cuba è un pianeta inverosimile in cui la gente sopravvive soprattutto grazie alle ‘sviste’ del regime. Come accade in tutte le dittature, i comportamenti persecutori dei poliziotti e degli agenti sono meschini, infantili. Infantile e ridicola è pure la propaganda castrista, se non fosse invadente e ossessiva.

Yoani racconta tutto. Parla di funzionari incaricati di sorvegliare le fabbriche di stato, che si fanno corrompere con un pugno di fagioli. Racconta di un suo amico restauratore di libri antichi che riceve l’incarico di rimettere a nuovo il ‘registro delle delazioni’ di un’azienda pubblica. Yoani parla di trucchi per aggirare le razioni pubbliche di cibo e descrive bambini e bambine avviati al mercato del sesso per racimolare qualche soldo.

Mai una parola di troppo. Mai un’offesa verbale, nemmeno contro le spie che controllano la sua casa. Nemmeno quando l’hanno portata in galera.

Alcuni articoli di Generaciòn Y sono stati pubblicati in un libro che ha un titolo ironico: Cuba Libre. È stato tradotto in tutto il mondo. L’autrice è stata invitata più volte, in Spagna, in Argentina, in America a parlarne di persona.
Il regime di Castro le ha sempre negato il visto. Yoani è considerata un agente provocatore, pagata dagli americani o dagli europei. I castristi sanno che in qualunque parte del mondo Yoani riceverebbe l’appoggio di giornalisti, intellettuali e gente comune.
Non capiscono che lei quell’appoggio ce l’ha già.

Forse Yoani non sperava di diventare così popolare in poco tempo. Né aspirava a essere il personaggio simbolo della libertà di parola che è oggi. Secondo me voleva solo parlare della sua gente e della sua voglia di una vita normale, fuori dalla retorica infinita della Rivoluzione.
E forse per questo Yoani ha strappato il suo passaporto, la sua unica possibilità di fuga, per poter vivere  e scrivere a Cuba.

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