lunedì 3 maggio 2010
L'isola dei disoccupati
So di dire una cosa molto impopolare, ma il dubbio è più forte di me.
Premessa: è solo una domanda e non vuole essere una polemica, per carità. Il lavoro è una cosa sacra e chi rischia di perderlo senza colpa merita il massimo rispetto.
Tuttavia, tutti hanno visto ciò che hanno realizzato in pochi giorni alcune decine di cassaintegrati provenienti da varie parti della Sardegna.
Un manipolo di valenti operai ha saputo creare un evento, l’occupazione dell’Asinara, ex carcere e oggi paradiso naturale, per attirare su di sé l’attenzione dei media e la simpatia della gente.
Ci sono riusciti. Il nome è ormai noto in tutta Italia e all’estero: l’Isola dei Cassintegrati.
Su Facebook gli iscritti sono migliaia. La TV va e viene. I giornali ne parlano in cronaca tutti i giorni. Il primo maggio all’Asinara sono sbarcati cantanti, artisti, uomini politici e di cultura a rendere omaggio agli operai.
Tanto di cappello, veramente.
A questo punto la domanda molto impopolare è: questa capacità organizzativa, la coesione, l’orgoglio e la solidarietà dimostrata all’Asinara non si possono orientare verso un fine ancora più importante?
Possibile che non esista una sola alternativa per mettere all’opera insieme forze e intelligenze così vive?
E magari riuscire finalmente a dare un bel calcio nel sedere alle multinazionali (una si chiama Vinyls, rendiamoci conto) che hanno devastato chilometri di coste e hanno bruciato miliardi di euro pubblici in cambio di poche briciole.
Tirare fuori la creatività e lo spirito di iniziativa, l’hanno dimostrato gli operai dell’Isola, è possibile e necessario.
Secondo l’Istat la disoccupazione giovanile in Sardegna è ai primi posti in Europa: il 44,7%.
Ormai è l’Isola dei disoccupati.
Qualcosa bisognerà pur fare.
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E soprattutto...invece di garantire centinaia di migliaia di euro a settori in via di estinzione magari dirottiamoli verso altre tipologie di aziende e facciamo migrare o riconvertire le professioni. Sembra di stare a far buche e a ricoprirle (anche se Keynes su questo modo di fare costruì una teoria economica).
RispondiEliminaconcordo, pensavo anche a voi. Se ci leggono gli operai si incazzano come iene. In realtà qui non si tratta di difendere uno e di abbandonare l'altro. Si tratta di mettere insieme le idee e di guardare in faccia il futuro. altra costatazione tristissima: questi operai forse (molto forse) salveranno il posto di lavoro, ma i loro figli saranno disoccupati o emigrati.
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